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domenica 2 settembre 2012

Le conseguenze di una piena unione economica e monetaria

Ovviamente nel corso dell'anno non ho potuto dare seguito a questo blog purtroppo. Come previsto non ho abbastanza tempo a disposizione. Ho però un paio di settimane orsono tradotto velocemente questo pezzo tratto da un articolo risalente al 1971 di Nicholas Kaldor. Grazie alla segnalazione di Ramanan che ringrazio per la disponibilità. Lo pubblico in quanto assolutamente degno di nota, ancorchè ormai un po' scontato, dati gli sviluppi della crisi dell'eurozona. Impressionante è infatti la corrispondenza tra ciò che egli aveva previsto e l'evoluzione della crisi a 40 anni di distanza. Per chi volesse approfondire la lettura dell'intero articolo originale sono a disposizione, la mia mail è nella sezioni "Contatti". Buona lettura!


Le conseguenze di una piena unione economica e monetaria  (Nicholas Kaldor)

Gli eventi degli ultimi anni, la necessaria rivalutazione del marco tedesco e la svalutazione del franco francese, hanno dimostrato che la  Comunità non è fattibile con il suo attuale livello di integrazione economica. Il sistema presuppone piena convertibilità della valuta e tassi di cambio fissi tra i membri, pur lasciando la politica monetaria e fiscale alla discrezione dei singoli paesi membri. Con questo sistema, come gli eventi hanno dimostrato, alcuni paesi tendono ad acquisire crescenti (ed involontarie) eccedenze negli scambi con gli altri paesi, mentre altri devono affrontare deficit commerciali crescenti. Questo ha due effetti indesiderati. Trasmette le pressioni inflazionistiche provenienti da alcuni membri ad altri, e fa sì che i paesi in surplus debbano finanziare in maniera crescente i paesi in deficit.


Siccome le variazioni dei tassi di cambio o "cambi fluttuanti" tra i paesi membri sono considerate incompatibili con l'aspirazione di base di un'integrazione economica (e sono altresì incompatibili con il presente sistema di prezzi agricoli comuni fissi) i governi dei Sei, al loro summit in L'Aia nel dicembre 1969, hanno convenuto in linea di principio alla creazione di un unione economica e monetaria piena, ed hanno assegnato ad un comitati di saggi (chiamato "Comitato Werner") il compito di elaborare un programma d'azione concreto.
Le raccomandazioni del Comitato Werner non sono ancora state adottate nel dettaglio, anche se i suoi principali obiettivi sono stati confermati dal Consiglio dei Ministri della Comunità.
La realizzazione dell'unione economica e monetaria, secondo le raccomandazioni del Rapporto Werner, implica tre tipi di misure, ognuna delle quali introdotta in momenti diversi: unione monetaria, armonizzazione fiscale, e controllo centrale comunitario sui bilanci nazionali. Essa prevede un programma in tre fasi, ognuna delle quali dovrebbe durare tre anni, cosicché l'intero piano dovrebbe essere operativo entro il 1978-1980.
Nel campo monetario in una prima fase la politica creditizia e dei tassi di interesse di ogni banca centrale è posta sempre più sotto sorveglianza della Comunità ed i margini di variazione dei tassi di cambio sono ridotti o eliminati. Nella seconda fase i tassi di cambio sono fissi e "aggiustamenti autonomi" sono totalmente esclusi. Nella terza fase le banche centrali individuali sono abolite del tutto, o ridotte allo stato dei "Consigli Valutari" delle vecchie colonie senza alcun potere di creazione del credito.
Nel campo dell'armonizzazione fiscale ogni paese dovrebbe allineare il proprio sistema a quello degli altri paesi membri, si dovrebbe così raggiungere una "standardizzazione fiscale" che permetta la completa abolizione delle frontiere, il che significa non solo identiche misure ma anche identici livelli di tassazione, particolarmente per quanto riguarda la tassa sul valore aggiunto e le accise.
Nel campo del controllo di bilancio il Rapporto Werner recita "gli elementi essenziali di tutti i bilanci fiscali, ed in particolare le variazioni dei loro volumi, la loro dimensione ed i metodi di finanziamento o di utilizzazione, saranno decisi a livello Comunitario".
Ciò che non è previsto è che la principale responsabilità della spesa pubblica e della tassazione dovrebbe essere trasferita dai governi nazionali alla Comunità. Ogni paese membro continuerà ad essere responsabile del finanziamento della propria spesa (a parte le tasse speciali che vengono pagate per il finanziamento del bilancio comunitario ma che rimarranno una piccola parte del totale della spesa pubblica e serviranno principalmente al raggiungimento degli obiettivi del Fondo Agricolo e ad altri aiuti allo sviluppo).
Ed è qui la fondamentale contraddizione dell'intero piano. In quanto la Comunità prevede inoltre l'armonizzazione del servizi pubblici (come i servizi sociali), ovvero ogni paese dovrebbe offrire questi servizi nella stessa misura che gli altri paesi e dovrebbe mantenere la responsabilità del loro finanziamento attraverso la tassazione dei propri cittadini. Questo chiaramente non può avverarsi con livelli di tassazione uguali a meno che ogni paese della Comunità sia ugualmente ricco, e che il loro tasso di crescita sia identico. Altrimenti il livello di tassazione dei paesi meno ricchi e/o con una crescita inferiore è destinato ad essere maggiore (o a crescere maggiormente) di quello delle aree ricche (o a crescita superiore).
La Comunità controllerà il bilancio di ogni paese membro assicurandosi che ogni paese incassi abbastanza dalla tassazione in modo da non generare uno sbilancio fiscale nei confronti degli altri paesi membri. Per realizzare ciò le tasse nelle aree a crescita inferiore sono destinate ad aumentare progressivamente; questo genererà un ciclo vizioso, in quanto aumentando la tassazione essi diventano meno competitivi e arretrano ulteriormente, causando un aumento delle spese sociali (in sussidi di disoccupazione ecc...) e politiche fiscali ancor più restrittive. Un sistema di questo tipo creerebbe rapidamente delle ineguaglianze crescenti tra i diversi paesi, ed è destinato a rompersi in breve tempo.
Questo è un altro modo per dire che l'obiettivo di una piena unione economica e monetaria è irraggiungibile senza un'unione politica, e quest'ultima presuppone l'integrazione fiscale, e non solo un'armonizzazione fiscale. Essa richiede la creazione di un Governo e di un Parlamento della Comunità che assuma la responsabilità di almeno la maggior parte della spesa a cui ora provvedono i governi nazionali e che la finanzi attraverso una tassazione uniforme in tutta la Comunità. Con un sistema integrato di questo tipo, le zone prospere aiutano automaticamente le aree più povere; e le aree le cui esportazioni sono in calo ottengono sollievo in automatico, pagando meno e ricevendo di più dall'Erario pubblico centrale. Le tendenze cumulative al progresso e al declino sono quindi tenute sotto controllo da un sistema di stabilizzazione fiscale che prevede che le aree in surplus  forniscano aiuti fiscali automatici alle aree in deficit.
Anche così, esiste la necessità di politiche regionali speciali, come sussidi e sovvenzione ad aree in via di sviluppo, al fine di alleviare i problemi dovuti a differenti livelli di crescita regionali. Questa necessità viene riconosciuta (in maniera vaga) nel Rapporto Werner, il quale menziona "misure comunitarie che dovrebbero riguardare principalmente politiche regionali e politiche per l'occupazione" e la cui "realizzazione sarebbe facilitata dall'aumento dell'intervento finanziario a livello comunitario". Ciò che il rapporto non riesce a riconoscere è che l'esistenza stessa di un sistema centrale di tassazione e di spesa è uno strumento molto più potente per l'erogazione di "aiuti regionali" che un qualsiasi "intervento finanziario" speciale per aree in via di sviluppo sia in grado di fornire.
Il piano attuale della Comunità d'altra parte è come una casa che "divisa contro se stessa non può sostenersi". L'unione monetaria ed il controllo comunitario rispetto ai bilanci impedisce a un paese membro di perseguire politiche di piena occupazione e dal prendere misure per compensare un eventuale calo del livello della sua produzione e dell'occupazione, ma senza il beneficio di un governo comunitario forte che protegga i suoi abitanti dalle conseguenze peggiori.
Un giorno le nazioni d'Europa saranno pronte a fondere le loro identità nazionali ed a creare una nuova Unione Europea: gli Stati Uniti d'Europa. Se e quando questo avverrà, un governo europeo assumerà tutte le funzioni che il governo federale prevede ora negli Stati Uniti o in Canada o in Australia. Ciò implicherà la creazione di una "piena unione economica e monetaria". Ma è un pericoloso errore credere che l'unione economica e monetaria possa precedere un'unione politica o che agirà (nelle parole del rapporto Werner) "come un lievito per lo sviluppo di un'unione politica di cui a lungo andare in ogni caso non sarebbe in grado di fare a meno ". Infatti, se la creazione di un'unione monetaria ed il controllo comunitario rispetto ai bilanci nazionali generasse pressioni che portino ad un guasto dell'intero sistema ciò non promuoverebbe lo sviluppo di un'unione politica, ma lo impedirebbe.
Ma sarebbe altrettanto pericoloso archiviare il Rapporto Werner sulla base che esso non verrà probabilmente implementato, in particolare se il Regno Unito è all'interno della Comunità e avrà voce in capitolo nellle decisioni. Questo perchè i problemi che hanno portato alle decisioni di L'Aia ed al Rapporto Werner sono sufficientemente vere: l'ossatura delle istituzioni e degli ordinamenti che costituiscono l'odierna Comunità Europea non corrispondono ad un sistema autosufficiente.
La Comunità deve quindi avanzare verso una piena integrazione (per mezzo di un'unione politica) o al contrario diminuire la rigidità dell'ordinamento attuale, particolarmente nei confronti delle politiche agricole e dei tassi di cambio. E sarebbe inutile per il Regno Unito aderire alla Comunità senza sapere se essa si muoverà in una o nell'altra direzione.

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