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martedì 10 gennaio 2012

Finanza funzionale e debito pubblico (parte terza)

Terza parte della parte della traduzione del breve scritto di Abba P. Lerner "Functional Finance and the Public Debt".

III.
Ci sono quattro errori principali in questa critica al disavanzo di bilancio, quattro ragioni per cui le sue apparenti conclusioni si rivelano illusorie.
Innanzitutto, la stessa alta tassazione sul reddito che ridurrebbe il rendimento dell'investimeno è deducibile in misura pari alla perdita che è incorsa nel caso l'investimento si rivelasse un fallimento. Il risultato sarebbe che il rendimento netto sul rischio di perdita del capitale non cambia per effetto della tassa sul reddito, indifferentemente da quanto alta essa può essere. Consideriamo ad esempio un investitore che guadagna 50000 dollari all'anno e che ne ha risparmiati 10000 da investire. Al 6% il rendimento sarebbe di 600 dollari, ma dopo aver pagate le tasse del 60% sul suo reddito gli rimarrebbero solamente 240 dollari. Si dice, quindi, che egli non investirebbe perchè il rendimento non è sufficiente rispetto al rischio di perdere i 10000 dollari. Questa argomentazione dimentica che se i 10000 dollari vengono persi completamente, la perdita netta dell'investitore, dopo aver conteggiato le deduzioni sul reddito, sarebbe soltanto di 4000 dollari, ed il rendimento sull'importo che egli effettivamente rischia è sempre il 6% ovvero 240 dollari su 4000. L'effetto della tassazione sul reddito è trasformare l'uomo ricco in una specie di agente che lavora per la società su commissione. Egli riceve soltanto una parte del rendimento del suo investimento, ma perde solamente un parte del denaro che ha investito. Ogni investimento conveniente in assenza di una tassazione sul reddito rimane conveniente in presenza della stessa.

 
Ovviamente questa obiezione alla critica è vera solamente nel caso la perdita sia deducibile al 100% dal reddito imponibile, dove lo sgravio avvenga allo stesso tasso della tassazione del rendimento. Ci sono validi argomenti contrari ad alcune limitazione alla deducibilità delle perdite dal reddito imponibile, ma questo è oggetto di altre discussioni. Una parte della critica rimane nel caso la perdita fosse tale da modificare la classe di reddito al ribasso, dove la deduzione (e la tassazione) sarebbero ad un tasso inferiore. In questo caso ci sarebbe una riduzione del rendimento netto in relazione alla potenziale perdita netta. Ma questo varrebbe soltanto per quegli investimenti così rilevanti da poter impoverire l'investitore in caso di fallimento. Proprio per questo motivo furono istituite le società, rendendo possibile per molti individui l'associazione al fine di intraprendere degli investimenti rischiosi senza mettere del tutto a rischio le proprie fortune personali. Ma senza ricorrere alle società, il problema potrebbe essere risolto quasi completamente se l'aliquota massima di tassazione fosse raggiunta ad un livello di reddito relativamente basso, poniamo 25000 dollari all'anno (basso, in intende, dal punto di vista dell'uomo ricco il quale si suppone sia la fonte del capitale di rischio). Anche se tutto il reddito in eccesso ai 25000 dollari venisse tassato al 90% non ci sarebbe nessun disincentivo all'investimento di qualsiasi parte di reddito oltre quel livello. E' vero, il rendimento netto, dopo il pagamento delle tasse, sarebbe solamente il 10% degli interessi nominali percepiti, ma il capitale messo a rischio dall'investitore sarebbe anch'esso solamente il 10% del capitale effettivamente investito, e quindi il rendimento netto sul capitale effettivamente investito dall'investitore risulterebbe invariato.
In secondo luogo, questa critica al disavanzo di bilancio durante le depressioni sarebbe indifendibile anche se il danno portato dal debito fosse così grande come viene suggerito. Deve essere ricordato che la spesa pubblica aumenta il prodotto interno reale di beni e servizi di alcune volte l'ammontare speso dal governo, e che l'onere non si misura dall'ammontare degli interessi che debbono essere pagati ma soltanto dagli inconvenienti che implica il processo di trasferimento di denaro dai contribuenti ai detentori di titoli pubblici. Quindi obiettare al disavanzo fiscale è come sostenere che se venisse offerto un lavoro ad un disoccupato alla condizione che egli pagasse un interesse a sua moglie sullo stipendio guadagnato (o che la moglie lo pagasse a lui) sarebbe più saggio per lui rimanere senza lavoro, perchè presto egli diventerebbe debitore di un importo notevole verso sua moglie (o la moglie lo diventerebbe verso di lui), e questo potrebbe causare in futuro delle difficoltà al matrimonio. Anche se il pagamento degli interesse diventasse realmente una perdita per la società, invece che essere semplicemente un trasferimento all'interno della società stessa, sarebbe comunque un danno molto inferiore del danno derivante dalla disoccupazione. Quest'ultimo sarebbe molte volte superiore al capitale sul quale dovrebbero essere pagati gli interessi.
In terzo luogo, non c'è alcun motivo per sostenere che il governo debba finanziare l'intero ammontare degli interessi sul debito pubblico attraverso la tassazione. Abbiamo visto che la Finanza Funzionale permette la tassazione solo nel caso gli effetti diretti delle tasse sono nell'interesse pubblico, come nel caso prevengano un eccesso di spesa o un eccesso di investimenti i quali potrebbero causare inflazione. Se le tasse imposte per prevenire l'inflazione non sono sufficienti, gli interessi sul debito debbono essere finanziati dalla creazione di nuova moneta. Non c'è alcun rischio di inflazione in questo, perchè nel caso questo rischio esistesse un ammontare maggiore sarebbe risultato necessario.
Questo significa che l'ammontare assoluto del debito pubblico non ha alcuna importanza, e che qualsiasi sia l'importo degli interessi sul debito che devono essere corrisposti, questi non costituiscono alcun gravame per la società nel suo complesso. Un esercizio estremo di fantasia può illustrare meglio la situazione. Supponiamo che il debito pubblico raggiunga la strepitosa somma di diecimila billioni di dollari (che significa dieci trillioni di dollari, 10000000000000 dollari), per cui gli interessi sono 300 billioni all'anno. Supponiamo che il prodotto interno lordo reale di beni e servizi che potrebbero essere prodotti dall'economia in un regime di piena occupazione sia di 150 billioni. Gli interessi varrebbero da soli una volta e mezza l'intero prodotto nazionale. Non c'è dubbio che un debito di queste dimensioni verrebbe definito "insostenibile". Ma anche in questo esempio di fantasia gli interessi sul debito non gravano sulla società. Anche se il prodotto reale è soltanto 150 billioni di dollari il reddito monetario è di 450 billioni, 150 billioni di reddito dal prodotto di beni e servizi e 300 billioni di reddito dal possesso dei titoli di stato che costituiscono il debito pubblico. Di questo reddito di 450 billioni, 300 billioni saranno riscossi tramite la tassazione per far fronte al pagamento degli interessi sul debito (se dieci trillioni è il limite legale del debito), e dopo il pagamento delle tasse rimarrebbero 150 billioni di dollari nelle mani dei contribuenti, ciò sarebbe sufficiente per l'acquisto di tutti i beni e servizi che l'economia è in grado di produrre. Quindi non sarebbe di nessuna utilità per il pubblico avere denaro in eccesso dopo il pagamento delle tasse, perchè se venissero spesi più di 150 billioni di dollari questo avverrebbe necessariamente aumentando il prezzo dei beni acquistati. Non sarebbe possibile ottenere più beni da consumare di quanti il paese è in grado di produrre.
Sicuramente questo esempio non può essere utilizzato per insinuare che un debito di queste dimensioni è il probabile risultato dell'applicazione della Finanza Funzionale. Come verrà dimostrato successivamente, esiste una tendenza naturale del debito pubblico ad arrestare la propria crescita molto prima di raggiungere le cifre astronomiche dell'esempio.
La tesi infondata che gli interessi sul debito debbano essere finanziati attraverso la tassazione deriva dall'idea che il rapporto tra debito pubblico e prodotto interno debba essere mantenuta ad un livello "ragionevole" o "sostenibile" (qualsiasi esso sia). Se questa restrizione viene accolta, bisogna astenersi dall'indebitarsi per pagare gli interessi appena questo livello viene raggiunto, e se escludiamo, come prassi malsana, la possibilità di creare moneta, rimane solamente la possibilità di finanziare il pagamento degli interessi attraverso la tassazione. Fortunatamente non c'è alcuna necessità di accettare queste limitazioni finchè la Finanza Funzionale tiene sotto controllo l'inflazione, perchè è il richio di inflazione l'unica causa razionale che impedisce la creazione di nuova moneta.
Infine, non c'è alcuna ragione per presumere che, come risultati di una prolungata applicazione della Finanza Funzionale per il mantenimento della piena occupazione, il governo debba sempre indebitarsi maggiormente aumentando così il debito pubblico. Vi sono molteplici motivi di ciò.
Primo, la piena occupazione può essere realizzata creando moneta, e questo non aumenta il debito pubblico. E' probabilmente consigliabile, comunque, consentire al debito ed alla massa monetaria di crescere entrambi bilanciandosi, fintantoche uno o l'altra debba crescere.
Secondo, siccome uno dei più grandi deterrenti per gli investimenti privati è la paura che sopraggiunga una depressione prima che l'investimento sia stato ripagato, la garanzia di una piena occupazione renderebbe gl investimenti privati molto più appetibili, una volta che gli investitori abbiano superato la loro diffidenza verso il nuovo meccanismo. Più grandi saranno gli investimenti privati meno sarà il bisogno di ricorrere al disavanzo di bilancio.
Terzo, mentre il debito pubblico aumenta, e con esso l'ammontare della ricchezza privata, ci sarà un aumento degli introiti derivanti dalle tasse su redditti ed eredità maggiori, anche nel caso le aliquote rimangano inalterate. Questo aumento delle tasse non rappresenta una riduzione della spesa da parte dei contribuenti. Pertanto il governo non è costretto ad utilizzare questi fondi per mantenere un adeguato tasso di crescita, e può utilizzarli per il pagamento degli interessi sul debito pubblico.
Quarto, mentre il debito pubblico aumenta esso agisce come una forza auto-perequativa, diminuendo gradualmente l'ulteriore bisogno di una sua crescita e raggiungendo infine un livello di equilibrio dove la sua tendenza a crescere termina completamente. Più grande è il debito pubblico, più grande è la ricchezza privata. La spiegazione a questo è semplicemente che per ogni dollaro di debito che il governo deve a qualcuno corrisponde un creditore privato che detiene l'obbligazione governativa (a volte attraverso una società della quale possiede delle quote), e che considera queste obbligazioni come parte del suo patrimonio privato. Più grande è la ricchezza privata minore è l'incentivo ad incrementarla risparmiando parte del reddito. Siccome il risparmio corrente è influenzato dall'ammontare accumulato con i risparmi precedenti, la parte di reddito destinata alla spesa aumenta (in quanto la spesa è l'unica alternativa al risparmio). Questo aumento della spesa privata rende meno necessario per il governo il ricordo al disavanzo fiscale per mantenere la spesa al livello al quale assicuri la piena occupazione. Quando il debito pubblico è abbastanza grande che la spesa privata sia sufficiente a provvedere al mantenimento della piena occupazione, non c'è alcun bisogno per alcun disavanzo fiscale del governo, il bilancio è in pareggio ed il debito pubblico automaticamente smette di crescere. Questo livello di equilibrio dipende da molti fattori. Può solamente essere ipotizzato, ed in una maniera piuttosto approssimativa. La mia ipotesi è che esso sia tra i 100 billioni ed i 300 billioni di dollari. Siccome questo livello è il risultato e non un presupposto della Finanza Funzionale, la sua grandezza non ha importanza; non è necessaria la sua conoscenza per l'applicazione delle leggi della Finanza Funzionale.
Quinto, se per qualsiasi ragione il governo non voglia che la ricchezza privata cresca troppo (sotto forma di titoli di stato o in altri modi) può mantenere il controllo della stessa attraverso una maggiore tassazione sui redditi più alti invece che ricorrere all'indebitamento, tramite il suo programma di finanziamento della spesa per il mantenimento della piena occupazione. I ceti abbienti non diminuirebbero la loro spesa in maniera significativa, e quindi gli effetti sull'economia, oltre al minore debito, sarebbero gli stessi che nel caso di un nuovo indebitamento. In questa maniera il debito può essere ridotto a qualsiasi livello desiderato e può essere mantenuti a questo livello.
Le risposte alla critica del disavanzo fiscale possono essere così riassunte:
Il debito pubblico non deve necessariamente continuare a crescere;
Anche nel caso il debito pubblico cresca, gli interessi su di esso non devono necessariamente essere finanziati dalla tassazione corrente;
Anche nel caso gli interessi sul debito fossero finanziati attraverso la tassazione corrente, le tasse costituirebbero solamente l'interesse su di una sola frazione del beneficio derivante dalla spesa pubblica, e non spariscono dalla nazione ma vengono semplicemente trasferiti dai contribuenti ai detentori di titoli pubblici;
La tassazione sui redditi alti non deprime gli investimenti, perchè appropriate detrazioni dell'eventuale perdita diminuirebbero l'effettivo capitale di rischio dell'investitore nella stessa proporzione della riduzione del rendimento netto dell'investimento.

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