Ovviamente nel corso dell'anno non ho potuto dare seguito a questo blog purtroppo. Come previsto non ho abbastanza tempo a disposizione. Ho però un paio di settimane orsono tradotto velocemente questo pezzo tratto da un articolo risalente al 1971 di Nicholas Kaldor. Grazie alla segnalazione di Ramanan che ringrazio per la disponibilità. Lo pubblico in quanto assolutamente degno di nota, ancorchè ormai un po' scontato, dati gli sviluppi della crisi dell'eurozona. Impressionante è infatti la corrispondenza tra ciò che egli aveva previsto e l'evoluzione della crisi a 40 anni di distanza. Per chi volesse approfondire la lettura dell'intero articolo originale sono a disposizione, la mia mail è nella sezioni "Contatti". Buona lettura!
Le conseguenze di una piena unione economica e monetaria (Nicholas Kaldor)
Gli eventi degli ultimi anni, la necessaria rivalutazione del marco
tedesco e la svalutazione del franco francese, hanno dimostrato che la
Comunità non è fattibile con il suo attuale livello di integrazione
economica. Il sistema presuppone piena convertibilità della valuta e
tassi di cambio fissi tra i membri, pur lasciando la politica monetaria e
fiscale alla discrezione dei singoli paesi membri. Con questo sistema,
come gli eventi hanno dimostrato, alcuni paesi tendono ad acquisire
crescenti (ed involontarie) eccedenze negli scambi con gli altri paesi,
mentre altri devono affrontare deficit commerciali crescenti. Questo ha
due effetti indesiderati. Trasmette le pressioni inflazionistiche
provenienti da alcuni membri ad altri, e fa sì che i paesi in surplus
debbano finanziare in maniera crescente i paesi in deficit.
Siccome
le variazioni dei tassi di cambio o "cambi fluttuanti" tra i paesi
membri sono considerate incompatibili con l'aspirazione di base di
un'integrazione economica (e sono altresì incompatibili con il presente
sistema di prezzi agricoli comuni fissi) i governi dei Sei, al loro
summit in L'Aia nel dicembre 1969, hanno convenuto in linea di principio
alla creazione di un unione economica e monetaria piena, ed hanno
assegnato ad un comitati di saggi (chiamato "Comitato Werner") il
compito di elaborare un programma d'azione concreto.
Le
raccomandazioni del Comitato Werner non sono ancora state adottate nel
dettaglio, anche se i suoi principali obiettivi sono stati confermati
dal Consiglio dei Ministri della Comunità.
La realizzazione
dell'unione economica e monetaria, secondo le raccomandazioni del
Rapporto Werner, implica tre tipi di misure, ognuna delle quali
introdotta in momenti diversi: unione monetaria, armonizzazione fiscale,
e controllo centrale comunitario sui bilanci nazionali. Essa prevede un
programma in tre fasi, ognuna delle quali dovrebbe durare tre anni,
cosicché l'intero piano dovrebbe essere operativo entro il 1978-1980.
Nel
campo monetario in una prima fase la politica creditizia e dei tassi di
interesse di ogni banca centrale è posta sempre più sotto sorveglianza
della Comunità ed i margini di variazione dei tassi di cambio sono
ridotti o eliminati. Nella seconda fase i tassi di cambio sono fissi e
"aggiustamenti autonomi" sono totalmente esclusi. Nella terza fase le
banche centrali individuali sono abolite del tutto, o ridotte allo stato
dei "Consigli Valutari" delle vecchie colonie senza alcun potere di
creazione del credito.
Nel campo dell'armonizzazione fiscale ogni
paese dovrebbe allineare il proprio sistema a quello degli altri paesi
membri, si dovrebbe così raggiungere una "standardizzazione fiscale" che
permetta la completa abolizione delle frontiere, il che significa non
solo identiche misure ma anche identici livelli di tassazione,
particolarmente per quanto riguarda la tassa sul valore aggiunto e le
accise.
Nel campo del controllo di bilancio il Rapporto Werner recita
"gli elementi essenziali di tutti i bilanci fiscali, ed in particolare
le variazioni dei loro volumi, la loro dimensione ed i metodi di
finanziamento o di utilizzazione, saranno decisi a livello Comunitario".
Ciò
che non è previsto è che la principale responsabilità della spesa
pubblica e della tassazione dovrebbe essere trasferita dai governi
nazionali alla Comunità. Ogni paese membro continuerà ad essere
responsabile del finanziamento della propria spesa (a parte le
tasse speciali che vengono pagate per il finanziamento del bilancio
comunitario ma che rimarranno una piccola parte del totale della spesa
pubblica e serviranno principalmente al raggiungimento degli obiettivi
del Fondo Agricolo e ad altri aiuti allo sviluppo).
Ed è qui la fondamentale contraddizione dell'intero piano.
In quanto la Comunità prevede inoltre l'armonizzazione del servizi
pubblici (come i servizi sociali), ovvero ogni paese dovrebbe offrire
questi servizi nella stessa misura che gli altri paesi e dovrebbe
mantenere la responsabilità del loro finanziamento attraverso la
tassazione dei propri cittadini. Questo chiaramente non può avverarsi
con livelli di tassazione uguali a meno che ogni paese della Comunità
sia ugualmente ricco, e che il loro tasso di crescita sia identico.
Altrimenti il livello di tassazione dei paesi meno ricchi e/o con una
crescita inferiore è destinato ad essere maggiore (o a crescere
maggiormente) di quello delle aree ricche (o a crescita superiore).
La
Comunità controllerà il bilancio di ogni paese membro assicurandosi che
ogni paese incassi abbastanza dalla tassazione in modo da non generare
uno sbilancio fiscale nei confronti degli altri paesi membri. Per
realizzare ciò le tasse nelle aree a crescita inferiore sono destinate
ad aumentare progressivamente; questo genererà un ciclo vizioso, in
quanto aumentando la tassazione essi diventano meno competitivi e
arretrano ulteriormente, causando un aumento delle spese sociali (in
sussidi di disoccupazione ecc...) e politiche fiscali ancor più
restrittive. Un sistema di
questo tipo creerebbe rapidamente delle ineguaglianze crescenti tra i
diversi paesi, ed è destinato a rompersi in breve tempo.
Questo
è un altro modo per dire che l'obiettivo di una piena unione economica e
monetaria è irraggiungibile senza un'unione politica, e quest'ultima
presuppone l'integrazione fiscale, e non solo un'armonizzazione fiscale.
Essa richiede la creazione di un Governo e di un Parlamento della
Comunità che assuma la responsabilità di almeno la maggior parte della
spesa a cui ora provvedono i governi nazionali e che la finanzi
attraverso una tassazione uniforme in tutta la Comunità. Con un sistema
integrato di questo tipo, le zone prospere aiutano automaticamente le
aree più povere; e le aree le cui esportazioni sono in calo ottengono
sollievo in automatico, pagando meno e ricevendo di più dall'Erario
pubblico centrale. Le tendenze cumulative al progresso e al declino sono
quindi tenute sotto controllo da un sistema di stabilizzazione fiscale
che prevede che le aree in surplus forniscano aiuti fiscali automatici
alle aree in deficit.
Anche così, esiste la necessità di politiche
regionali speciali, come sussidi e sovvenzione ad aree in via di
sviluppo, al fine di alleviare i problemi dovuti a differenti livelli di
crescita regionali. Questa necessità viene riconosciuta (in maniera
vaga) nel Rapporto Werner, il quale menziona "misure comunitarie che
dovrebbero riguardare principalmente politiche regionali e politiche per
l'occupazione" e la cui "realizzazione sarebbe facilitata dall'aumento
dell'intervento finanziario a livello comunitario". Ciò che il rapporto
non riesce a riconoscere è che l'esistenza stessa di un sistema centrale
di tassazione e di spesa è uno strumento molto più potente per
l'erogazione di "aiuti regionali" che un qualsiasi "intervento
finanziario" speciale per aree in via di sviluppo sia in grado di
fornire.
Il piano attuale della Comunità d'altra parte è come una casa che "divisa contro se stessa non può sostenersi". L'unione
monetaria ed il controllo comunitario rispetto ai bilanci impedisce a
un paese membro di perseguire politiche di piena occupazione e dal
prendere misure per compensare un eventuale calo del livello della sua
produzione e dell'occupazione, ma senza il beneficio di un governo
comunitario forte che protegga i suoi abitanti dalle conseguenze
peggiori.
Un giorno le
nazioni d'Europa saranno pronte a fondere le loro identità nazionali ed a
creare una nuova Unione Europea: gli Stati Uniti d'Europa. Se e
quando questo avverrà, un governo europeo assumerà tutte le funzioni che
il governo federale prevede ora negli Stati Uniti o in Canada o in
Australia. Ciò implicherà la creazione
di una "piena unione economica e monetaria". Ma è un pericoloso errore
credere che l'unione economica e monetaria possa precedere un'unione
politica o che agirà (nelle parole del rapporto Werner) "come un lievito
per lo sviluppo di un'unione politica di cui a lungo andare in ogni
caso non sarebbe in grado di fare a meno ". Infatti, se la creazione di
un'unione monetaria ed il controllo comunitario rispetto ai bilanci
nazionali generasse pressioni che portino ad un guasto dell'intero
sistema ciò non promuoverebbe lo sviluppo di un'unione politica, ma lo
impedirebbe.
Ma sarebbe altrettanto pericoloso archiviare il
Rapporto Werner sulla base che esso non verrà probabilmente
implementato, in particolare se il Regno Unito è all'interno della
Comunità e avrà voce in capitolo nellle decisioni. Questo perchè i
problemi che hanno portato alle decisioni di L'Aia ed al Rapporto Werner
sono sufficientemente vere: l'ossatura delle istituzioni e degli
ordinamenti che costituiscono l'odierna Comunità Europea non
corrispondono ad un sistema autosufficiente.
La Comunità deve quindi
avanzare verso una piena integrazione (per mezzo di un'unione politica) o
al contrario diminuire la rigidità dell'ordinamento attuale,
particolarmente nei confronti delle politiche agricole e dei tassi di
cambio. E sarebbe inutile per il Regno Unito aderire alla Comunità senza
sapere se essa si muoverà in una o nell'altra direzione.
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